Il racconto del film Hotel Rwanda si svolge all'interno del genocidio ruandese (dal 6 aprile alla metà di luglio del 1994) nel quale gli Hutu sterminarono brutalmente una parte rilevante della popolazione Tutsi. L'Hotel des milles collines di Kigali, capitale del Ruanda, fu trasformato dal direttore Paul Rusesabagina in un luogo di rifugio per oltre 1200 Tutsi e Hutu delle rispettive fazioni moderate.
Preambolo
Già dalle prime inquadrature il film vuole rendere lo spettatore partecipe del modello di vita di un paese africano che da un lato inizia ad entrare in un modello di vita agiato, come reso evidente dale riprese dalle scende di vita familiare del protagonista, Paul Rusesabagina di etnia Hutu, mentre la moglie è di etnia Tutsi, che vi vede giocare in giardino con i suoi bambini, nel più perfetto stereotipo di famiglia agiata occidentale. La stessa scena potrebbe essere stata girata in un qualsiasi quartiere residenziale di una qualsiasi città occidentale come elemento tranquillizzante all'ombra di una tragedia che sta per annunciarsi. Però, un attimo prima, il regista ci presenta una scena presso l'aeroporto di Kigali, ove sempre il protagonista preleva un pacco direttamente da un aereo e da una mancia all'addetto ai bagagli affinché questi non debba passare alla dogana. È evidente che in questo modo il film ci vuole descrivere una nazione in forte trasformazione ed in forte presenza di contrasti e corruzione. Il preambolo si completa poi con la visita del protagonista presso un magazzino di forniture alimentari, dove contratta l'acquisto di alimentari per il proprio albergo, di cui è il direttore, con l'ausilio di sigari cubani fatti arrivare espressamente, per mezzo di un'altra tangente, dai piloti dell'aereo.
Durante la trattativa, il protagonista subisce una discussione con il proprietario del magazzino, che è evidentemente un signore della guerra di etnia Hutu locale, che lo cerca di convincere della necessità di entrare dalla sua parte politica, il protagonista cerca di non prendere posizione, nel perfetto stile di un direttore d'albergo di grande qualità ed esperienza.
A questo punto una cassa portata da un carrello elevatore fragorosamente cade e da essa escono centinaia di Machete acquistati, per 10 centesimi di dollaro, dalla cina. a questo punto lo spettatore intuisce che saranno queste le principali armi del genocidio, oramai il dramma sta per iniziare.
Inizio del dramma [modifica]
Nella notte, delle strazianti urla provengono dal vicinato, un uomo si vede per terra bastonato dalla polizia, è un vicino di casa, la moglie del protagonista vorrebbe aiutarlo, ma Paul Rusesabagina non vuole, capisce che sarebbe un inutile suicidio, è sicuramente un poveraccio che qualche vicino ha denunciato dicendo che è un oppositore politico, cose frequenti di questi tempi è l'unica giustificazione che il protagonista sembra voler dare all'accaduto. È evidente che l'intento del regista è quello di dare al protagonista il modello del perfetto antieroe, dell'uomo che ha fatto della mediazione e del servizio ai potenti la sua arma di ascesa sociale, di colui che non vuole spendere tali opportunità per un vicino di casa che a malapena conosce, intuendo che saranno favori che prima o poi dovrà chiedere e per la sua famiglia.
Poi una sera arriva il cognato con la moglie, tutti e due di etnia Tutsi, il cognato gli dice che un suo conoscente gli ha detto di scappare via in quanto, entro poco tempo, la sua vita sarebbe stata in pericolo. Non solo ma il suo conoscente di etnia Hutu gli ha anche detto che il segnale per l'inizio dell'eccidio sarebbe stato trasmesso dalla radio con la frase Tagliate la cima agli alberi alti. A questo punto il protagonista, riesce a tranquillizzare il cognato ed a far si che non cerchi rifugio in uno stato estero.
Ma gli eventi incalzano, vi è l'abbattimento dell'aereo presidenziale con conseguente annullamento del trattato di pace da lui appena firmato. Dopo qualche giorno la radio incita alla rivolta scandendo ripetutamente la frase Tagliate la cima agli alberi alti. Il protagonista capisce quello che gli aveva comunicato il cognato, ma oramai è troppo tardi.
L'Hotel come rifugio
Come tutti i drammi che si rispettano, il regista alza la tensione con sapiente lentezza, prima spari lontani che si odono dalla camera del protagonista che dorme con la moglie a fianco, poi una sera, tornado dal suo lavoro, trova tutto il suo quartiere al buio, entra preoccupato nella casa, con la torcia, illumina le stanze, sono vuote, inizia a disperarsi, quando, come in altre scene di film che raccontavano il dramma dei perseguitati, la luce della torcia illumina volti di un popolo disperato nascosto all'interno di una stanza della sua casa. Sono i suoi vicini che la moglie ha fatto riunire nella speranza di poterli rifugiare nell'albergo ove il marito ne è il direttore, possibile unica oasi in tanta ferocia. Il protagonista è perplesso, all'inizio non vorrebbe fare un simile gesto, vorrebbe concentrare tutte le sue forze alla sua sola famiglia, chiede di aspettare il mattino. Il mattino arriva insieme alla polizia che circonda la casa ed arresta la sua famiglia e tutti quelli che si erano rifugiati, il protagonista cerca immediatamente il comandante, capisce che lo deve corrompere, ci riesce e si fa scortare all'albergo con il suo pulmino stipato. Arrivato all'albergo, che era anche sede delle forze ONU, decide di accomodare nelle camere i rifugiati e la sua famiglia. In questo momento capisce, che essendoci gli occidentali e le forze ONU, è una sorta di zona franca ove è possibile tentare la carta dell'attesa.
La consapevolezza della solitudine nel dramma
Intanto, lentamente, dal cordone dei ribelli Hutu, filtrano profughi che cercano nell'hotel la speranza di salvezza, il protagonista, oramai travolto dagli eventi e dalla sua coscienza, si ingegna per raccoglierli ed ospitarli all'interno della sua struttura, il suo compito si fa sempre più arduo, da un lato deve stabilire con le maestranze, in maggioranza Hutu, un rispetto quasi tribale della sua figura di capo. Con l'ONU, rappresentata da un coraggioso colonnello Canadese, che sembra ricalcare la figura di Romeo Dallaire, definire un dialogo diplomatico che riesca a trovare la strada pe rla soluzione del dramma dei profughi, se sempre più numerosi, vengono accolti dalla sua struttura. Con la compagnia aerea belga Sabena, proprietaria dell'hotel, mantiene, tramite anche le sue riconosciute doti personali, un drammatico rapporto di collaborazione per fare da ponte con il governo francese, che all'epoca, forniva le armi all'esercito dei ribelli Hutu.
Durante questi avvenimenti, due reporter, acui era stato impedito di riprendere gli avvenimenti dal vivo, riescono ad uscire dall'hotel, e a soli pochi centinaia di metri, a filmare la realtà della carneficina che si stava svolgendo la intorno. Il pezzo viene passato alle televisioni, ma il dramma del Rwanda non fa breccia, al mondo, come amaramente racconteranno i reporter al protagonista, non interessa prendere coscienza del genocidio, anzi all'ONU gli USA pongono il veto sulla questione, i tragici fatti di della Battaglia di Mogadiscio di pochi mesi prima avevano paralizzato la volontà americana di intervenire sullo scacchiere affricano. Oramai era chiaro che erano soli e per sopravvivere dovevano trattare con i ribelli.
Per non affondare nel sangue
Quando tutti gli europei lasciano l'albergo, il protagonista capisce che la possibilità di sopravvivenza diviene, di giorno in giorno, sempre più piccola, il tenue filo che lo legava agli interessi occidentali si è oramai spezzato è solo di fronte alla violenza.
Infatti, la mattina dopo l'uscita degli occidentali, arriva l'esercito dei ribelli con il fine di portare via tute le persone di etnia Tutsi e gli Hutu così detti traditori.
A questo punto il senso di denuncia del film si fa più presente, il protagonista ottiene il ritiro dei ribelli e quindi una pseudo protezione della polizia, solo tramite un intervento della compagnia belga, proprietaria dell'hotel, che chiede un intervento di protezione direttamente al ministro degli esteri francese, in quanto proprio la Francia era la fornitrice di armi ai ribelli.
Ad un tratto l'ONU riesce ad organizzare un aereo per portare via una parte selezionata dei rifugiati, tra cui il protagonista e la sua famiglia, il convoglio parte, non prima che il protagonista, oramai moralmente troppo legato alla sua missione e consapevole che la sua fuga sarebbe la sicura morte per i più che rimangono, decide di non partire.
Ma il distacco dalla moglie è breve, un una bellissima scena di crescente tensione, il regista mostra il tentativo di imboscata ai camion delle forze ONU, la radio, avvertita da un traditore, trasmette alla popolazione Hutu di attaccare i camion e sterminarne gli occupanti, anche in forza al fatto che l'ONU non era autorizzata ad usare le armi in favore dei civili. Un altro giro di telefonate, l'appoggio di qualche influente generale ed una brigata dell'esercito, ferma i ribelli e permette ai camion dell'ONU di ritornare all'Hotel.
La speranza
Ma oramai gli eventi militari si stanno evolvendo in favore dell'esercito di liberazione Tutsi, metà paese è stato da esso conquistato, il fronte si sta avvicinando e la situazione diventa sempre più grave, in quanto il capo della polizia, che oramai da settimane proteggeva i rifugiati, vuole altri soldi, ma questi oramai sono terminati. Il protagonista, con fredda determinazione, decide di giocare l'ultima carta, si accorda con il capo della polizia di andare in un albergo ove vi è una cassaforte di cui lui sa il contenuto e la combinazione, gli promette denaro e whisky. Si recano sul luogo, s
Al supermercato, in discoteca, al bar, per strada o all’università: ovunque ci può capitare di adocchiare una ragazza che ci piace, che attira immediatamente la nostra attenzione e non sapere come rimorchiarla.
Il racconto del film Hotel Rwanda si svolge all'interno del genocidio ruandese (dal 6 aprile alla metà di luglio del 1994) nel quale gli Hutu sterminarono brutalmente una parte rilevante della popolazione Tutsi. L'Hotel des milles collines di Kigali, capitale del Ruanda, fu trasformato dal direttore Paul Rusesabagina in un luogo di rifugio per oltre 1200 Tutsi e Hutu delle rispettive fazioni moderate.
"Didattico, quasi didascalico, 'Hotel Rwanda' non brilla per originalità di regia, ma ha il merito di evitare lo spettacolo per rievocare con precisione l'intreccio di complicità e indifferenza che portò al genocidio (fin dal 1918 i belgi avevano favorito i Tutsi, etnia minoritaria, concedendo loro privilegi economici e sociali). Non un capolavoro ma un film sicuramente utile: un pro-memoria, un Abc del Ruanda, il primo tentativo di dar forma a un orrore così estremo da sfidare la rappresentazione." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 11 marzo 2005) "Il film di denuncia spesso non servono a niente, perché sciatti, didascalici e manichei. Quando, però, ci si trova immersi in due ore di cinema-cinema come quelle scolpite da 'Hotel Rwanda', il risultato è differente: anche perché tra i tanti massacri dell'era contemporanea, non ha mai suscitato indignazioni di massa la guerra civile che dieci anni orsono insanguinò il minuscolo stato africano del Rwanda (ex Congo belga). Il regista irlandese Terry George ricalca, infatti, la strada di film-culto come 'Un anno vissuto pericolosamente' o 'Urla dal silenzio', ispirandosi a una storia vera e ricostruendo con straordinari ritmo e intensità le vicende che costarono la vita a circa un milione di persone. (...) Così non mancano le accuse all'impotenza dell'Onu, ma il film non fa sconti alle selvaggerie tribali e stringe la presa sull'acme della mattanza, sul ruolo svolto dall'informazione, sulla mutevolezza dei caratteri indigeni." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 19 marzo 2005) "Se il cinema ha ancora un senso morale, il valore di una lezione di storia che insegna la materia della dignità, il film di Terry George è un capoclasse. Racconta l' eroismo casual di un manager di un hotel a 4 stelle, Schindler africano, che nel ' 94 salvò la vita a 1268 persone durante il genocidio al machete dei tutsi da parte degli hutu. Una follia etnica che l' Occidente guardava al tg continuando poi a mangiare. Ora dà vita a un film teso, appassionante, senza un attimo di tregua, dove la storia è così assurda che, nei risvolti narrativi, sembra scritta per il cinema e non accaduta in diretta. Strepitoso Don Cheadle, che si è preso l' anima dell' eroe che tiene famiglia: non basta commuoversi a un film infernale, bisogna imparare la lezione per domani." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 19 marzo 2005
Ogni tanto il cinema si assume il compito di ricordarci che ci sono genocidi per cui i "difensori della liberta e della democrazia" si indignano e dispiegano le loro forze ed altri in cui lasciano fare voltandosi dall'altra parte. Perche'? Ognuno puo' trovare da se' la risposta. Il fatto pero' resta. Incontrovertibile. In Ruanda,all'inizio degli anni '90, un milione di Tutsi e' stato letteralmente massacrato dai rivali Hutu senza che la comunita' internazionale facesse nulla, se non lasciare a poche forze dell'Onu il compito di un'interdizione di scarsa efficacia. Questa co-produzione anglo/italo/sudafricana (tra gli interpreti il nostro Citran, Nick Nolte e un non accreditato Jean Reno) ce lo ricorda con le forme proprie del cinema spettacolare. Non si fa polemica in "Hotel Rwanda" ma si parla alla coscienza degli spettatori grazie alle vicende di uno 'Schindler' africano. Paul Rusebagina, un africano direttore di un Hotel della catena Sabena, riusci' a salvare piu' di 1200 persone grazie al coraggio personale e a un altruismo che gli impediva di veder morire la gente senza far nulla. Il film non edulcora la situazione ne' fa del protagonista un santo. Ci racconta, molto semplicemente, una storia che la nostra coscienza e i nostri media hanno cancellato probabilmente perche' "non interessante". Gia' questo dovrebbe fornirci materia di riflessione sulla cosiddetta "informazione".
LA STORIA NARRA DI UN POPOLO PRIVILEGIATI,I TUTSI,CHE FU PRESCELTO DAI COLONIALISTI TEDESCHI PRIMA,E BELGIO POI,COME DEPOSITARIO DEL POTERE;E DI UNA "RAZZA INFERIORE"GLI UTU.NEL 1959 CON UNA RIVOLTA DEGLI UTU LA SITUAZIONE VIENE RIBALTATA E I TUTSI VENGONO PERSEGUITATI E UCCISI,IL DIRETTORE DELL'HOTEL RWANDA OSPITA E AIUTA I TUTSI E LA SUA FAMIGLIA ANCHE SE LUI E UTU.....E BELLISSIMO NN TI DICO IL FINALE PERCHè NN CE SFIZIO....BUONA VISIONE...=)
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Il racconto del film Hotel Rwanda si svolge all'interno del genocidio ruandese (dal 6 aprile alla metà di luglio del 1994) nel quale gli Hutu sterminarono brutalmente una parte rilevante della popolazione Tutsi. L'Hotel des milles collines di Kigali, capitale del Ruanda, fu trasformato dal direttore Paul Rusesabagina in un luogo di rifugio per oltre 1200 Tutsi e Hutu delle rispettive fazioni moderate.
Preambolo
Già dalle prime inquadrature il film vuole rendere lo spettatore partecipe del modello di vita di un paese africano che da un lato inizia ad entrare in un modello di vita agiato, come reso evidente dale riprese dalle scende di vita familiare del protagonista, Paul Rusesabagina di etnia Hutu, mentre la moglie è di etnia Tutsi, che vi vede giocare in giardino con i suoi bambini, nel più perfetto stereotipo di famiglia agiata occidentale. La stessa scena potrebbe essere stata girata in un qualsiasi quartiere residenziale di una qualsiasi città occidentale come elemento tranquillizzante all'ombra di una tragedia che sta per annunciarsi. Però, un attimo prima, il regista ci presenta una scena presso l'aeroporto di Kigali, ove sempre il protagonista preleva un pacco direttamente da un aereo e da una mancia all'addetto ai bagagli affinché questi non debba passare alla dogana. È evidente che in questo modo il film ci vuole descrivere una nazione in forte trasformazione ed in forte presenza di contrasti e corruzione. Il preambolo si completa poi con la visita del protagonista presso un magazzino di forniture alimentari, dove contratta l'acquisto di alimentari per il proprio albergo, di cui è il direttore, con l'ausilio di sigari cubani fatti arrivare espressamente, per mezzo di un'altra tangente, dai piloti dell'aereo.
Durante la trattativa, il protagonista subisce una discussione con il proprietario del magazzino, che è evidentemente un signore della guerra di etnia Hutu locale, che lo cerca di convincere della necessità di entrare dalla sua parte politica, il protagonista cerca di non prendere posizione, nel perfetto stile di un direttore d'albergo di grande qualità ed esperienza.
A questo punto una cassa portata da un carrello elevatore fragorosamente cade e da essa escono centinaia di Machete acquistati, per 10 centesimi di dollaro, dalla cina. a questo punto lo spettatore intuisce che saranno queste le principali armi del genocidio, oramai il dramma sta per iniziare.
Inizio del dramma [modifica]
Nella notte, delle strazianti urla provengono dal vicinato, un uomo si vede per terra bastonato dalla polizia, è un vicino di casa, la moglie del protagonista vorrebbe aiutarlo, ma Paul Rusesabagina non vuole, capisce che sarebbe un inutile suicidio, è sicuramente un poveraccio che qualche vicino ha denunciato dicendo che è un oppositore politico, cose frequenti di questi tempi è l'unica giustificazione che il protagonista sembra voler dare all'accaduto. È evidente che l'intento del regista è quello di dare al protagonista il modello del perfetto antieroe, dell'uomo che ha fatto della mediazione e del servizio ai potenti la sua arma di ascesa sociale, di colui che non vuole spendere tali opportunità per un vicino di casa che a malapena conosce, intuendo che saranno favori che prima o poi dovrà chiedere e per la sua famiglia.
Poi una sera arriva il cognato con la moglie, tutti e due di etnia Tutsi, il cognato gli dice che un suo conoscente gli ha detto di scappare via in quanto, entro poco tempo, la sua vita sarebbe stata in pericolo. Non solo ma il suo conoscente di etnia Hutu gli ha anche detto che il segnale per l'inizio dell'eccidio sarebbe stato trasmesso dalla radio con la frase Tagliate la cima agli alberi alti. A questo punto il protagonista, riesce a tranquillizzare il cognato ed a far si che non cerchi rifugio in uno stato estero.
Ma gli eventi incalzano, vi è l'abbattimento dell'aereo presidenziale con conseguente annullamento del trattato di pace da lui appena firmato. Dopo qualche giorno la radio incita alla rivolta scandendo ripetutamente la frase Tagliate la cima agli alberi alti. Il protagonista capisce quello che gli aveva comunicato il cognato, ma oramai è troppo tardi.
L'Hotel come rifugio
Come tutti i drammi che si rispettano, il regista alza la tensione con sapiente lentezza, prima spari lontani che si odono dalla camera del protagonista che dorme con la moglie a fianco, poi una sera, tornado dal suo lavoro, trova tutto il suo quartiere al buio, entra preoccupato nella casa, con la torcia, illumina le stanze, sono vuote, inizia a disperarsi, quando, come in altre scene di film che raccontavano il dramma dei perseguitati, la luce della torcia illumina volti di un popolo disperato nascosto all'interno di una stanza della sua casa. Sono i suoi vicini che la moglie ha fatto riunire nella speranza di poterli rifugiare nell'albergo ove il marito ne è il direttore, possibile unica oasi in tanta ferocia. Il protagonista è perplesso, all'inizio non vorrebbe fare un simile gesto, vorrebbe concentrare tutte le sue forze alla sua sola famiglia, chiede di aspettare il mattino. Il mattino arriva insieme alla polizia che circonda la casa ed arresta la sua famiglia e tutti quelli che si erano rifugiati, il protagonista cerca immediatamente il comandante, capisce che lo deve corrompere, ci riesce e si fa scortare all'albergo con il suo pulmino stipato. Arrivato all'albergo, che era anche sede delle forze ONU, decide di accomodare nelle camere i rifugiati e la sua famiglia. In questo momento capisce, che essendoci gli occidentali e le forze ONU, è una sorta di zona franca ove è possibile tentare la carta dell'attesa.
La consapevolezza della solitudine nel dramma
Intanto, lentamente, dal cordone dei ribelli Hutu, filtrano profughi che cercano nell'hotel la speranza di salvezza, il protagonista, oramai travolto dagli eventi e dalla sua coscienza, si ingegna per raccoglierli ed ospitarli all'interno della sua struttura, il suo compito si fa sempre più arduo, da un lato deve stabilire con le maestranze, in maggioranza Hutu, un rispetto quasi tribale della sua figura di capo. Con l'ONU, rappresentata da un coraggioso colonnello Canadese, che sembra ricalcare la figura di Romeo Dallaire, definire un dialogo diplomatico che riesca a trovare la strada pe rla soluzione del dramma dei profughi, se sempre più numerosi, vengono accolti dalla sua struttura. Con la compagnia aerea belga Sabena, proprietaria dell'hotel, mantiene, tramite anche le sue riconosciute doti personali, un drammatico rapporto di collaborazione per fare da ponte con il governo francese, che all'epoca, forniva le armi all'esercito dei ribelli Hutu.
Durante questi avvenimenti, due reporter, acui era stato impedito di riprendere gli avvenimenti dal vivo, riescono ad uscire dall'hotel, e a soli pochi centinaia di metri, a filmare la realtà della carneficina che si stava svolgendo la intorno. Il pezzo viene passato alle televisioni, ma il dramma del Rwanda non fa breccia, al mondo, come amaramente racconteranno i reporter al protagonista, non interessa prendere coscienza del genocidio, anzi all'ONU gli USA pongono il veto sulla questione, i tragici fatti di della Battaglia di Mogadiscio di pochi mesi prima avevano paralizzato la volontà americana di intervenire sullo scacchiere affricano. Oramai era chiaro che erano soli e per sopravvivere dovevano trattare con i ribelli.
Per non affondare nel sangue
Quando tutti gli europei lasciano l'albergo, il protagonista capisce che la possibilità di sopravvivenza diviene, di giorno in giorno, sempre più piccola, il tenue filo che lo legava agli interessi occidentali si è oramai spezzato è solo di fronte alla violenza.
Infatti, la mattina dopo l'uscita degli occidentali, arriva l'esercito dei ribelli con il fine di portare via tute le persone di etnia Tutsi e gli Hutu così detti traditori.
A questo punto il senso di denuncia del film si fa più presente, il protagonista ottiene il ritiro dei ribelli e quindi una pseudo protezione della polizia, solo tramite un intervento della compagnia belga, proprietaria dell'hotel, che chiede un intervento di protezione direttamente al ministro degli esteri francese, in quanto proprio la Francia era la fornitrice di armi ai ribelli.
Ad un tratto l'ONU riesce ad organizzare un aereo per portare via una parte selezionata dei rifugiati, tra cui il protagonista e la sua famiglia, il convoglio parte, non prima che il protagonista, oramai moralmente troppo legato alla sua missione e consapevole che la sua fuga sarebbe la sicura morte per i più che rimangono, decide di non partire.
Ma il distacco dalla moglie è breve, un una bellissima scena di crescente tensione, il regista mostra il tentativo di imboscata ai camion delle forze ONU, la radio, avvertita da un traditore, trasmette alla popolazione Hutu di attaccare i camion e sterminarne gli occupanti, anche in forza al fatto che l'ONU non era autorizzata ad usare le armi in favore dei civili. Un altro giro di telefonate, l'appoggio di qualche influente generale ed una brigata dell'esercito, ferma i ribelli e permette ai camion dell'ONU di ritornare all'Hotel.
La speranza
Ma oramai gli eventi militari si stanno evolvendo in favore dell'esercito di liberazione Tutsi, metà paese è stato da esso conquistato, il fronte si sta avvicinando e la situazione diventa sempre più grave, in quanto il capo della polizia, che oramai da settimane proteggeva i rifugiati, vuole altri soldi, ma questi oramai sono terminati. Il protagonista, con fredda determinazione, decide di giocare l'ultima carta, si accorda con il capo della polizia di andare in un albergo ove vi è una cassaforte di cui lui sa il contenuto e la combinazione, gli promette denaro e whisky. Si recano sul luogo, s
Se cerchi consigli e tecniche per riuscire a rimorchiare una ragazza ti consiglio di seguire questo metodo http://taodelseduttore.latis.info/?K4Fh
Al supermercato, in discoteca, al bar, per strada o all’università: ovunque ci può capitare di adocchiare una ragazza che ci piace, che attira immediatamente la nostra attenzione e non sapere come rimorchiarla.
ciao prova questo sitto http://www.cinemadelsilenzio.it/index.php?mod=film...
spero di esserti di aiuto .. c'è anche la recensione del film molto utile
http://it.wikipedia.org/wiki/Hotel_Rwanda ecco qui la trama completa ^^
Guarda, secondo me ti serve per altro.... che esame sarebbe il tuo???
hotel rwanda:
Il racconto del film Hotel Rwanda si svolge all'interno del genocidio ruandese (dal 6 aprile alla metà di luglio del 1994) nel quale gli Hutu sterminarono brutalmente una parte rilevante della popolazione Tutsi. L'Hotel des milles collines di Kigali, capitale del Ruanda, fu trasformato dal direttore Paul Rusesabagina in un luogo di rifugio per oltre 1200 Tutsi e Hutu delle rispettive fazioni moderate.
"Didattico, quasi didascalico, 'Hotel Rwanda' non brilla per originalità di regia, ma ha il merito di evitare lo spettacolo per rievocare con precisione l'intreccio di complicità e indifferenza che portò al genocidio (fin dal 1918 i belgi avevano favorito i Tutsi, etnia minoritaria, concedendo loro privilegi economici e sociali). Non un capolavoro ma un film sicuramente utile: un pro-memoria, un Abc del Ruanda, il primo tentativo di dar forma a un orrore così estremo da sfidare la rappresentazione." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 11 marzo 2005) "Il film di denuncia spesso non servono a niente, perché sciatti, didascalici e manichei. Quando, però, ci si trova immersi in due ore di cinema-cinema come quelle scolpite da 'Hotel Rwanda', il risultato è differente: anche perché tra i tanti massacri dell'era contemporanea, non ha mai suscitato indignazioni di massa la guerra civile che dieci anni orsono insanguinò il minuscolo stato africano del Rwanda (ex Congo belga). Il regista irlandese Terry George ricalca, infatti, la strada di film-culto come 'Un anno vissuto pericolosamente' o 'Urla dal silenzio', ispirandosi a una storia vera e ricostruendo con straordinari ritmo e intensità le vicende che costarono la vita a circa un milione di persone. (...) Così non mancano le accuse all'impotenza dell'Onu, ma il film non fa sconti alle selvaggerie tribali e stringe la presa sull'acme della mattanza, sul ruolo svolto dall'informazione, sulla mutevolezza dei caratteri indigeni." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 19 marzo 2005) "Se il cinema ha ancora un senso morale, il valore di una lezione di storia che insegna la materia della dignità, il film di Terry George è un capoclasse. Racconta l' eroismo casual di un manager di un hotel a 4 stelle, Schindler africano, che nel ' 94 salvò la vita a 1268 persone durante il genocidio al machete dei tutsi da parte degli hutu. Una follia etnica che l' Occidente guardava al tg continuando poi a mangiare. Ora dà vita a un film teso, appassionante, senza un attimo di tregua, dove la storia è così assurda che, nei risvolti narrativi, sembra scritta per il cinema e non accaduta in diretta. Strepitoso Don Cheadle, che si è preso l' anima dell' eroe che tiene famiglia: non basta commuoversi a un film infernale, bisogna imparare la lezione per domani." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 19 marzo 2005
ciau baci xx x e buona fortuna x gli esami
http://it.wikipedia.org/wiki/Hotel_Rwanda
Ogni tanto il cinema si assume il compito di ricordarci che ci sono genocidi per cui i "difensori della liberta e della democrazia" si indignano e dispiegano le loro forze ed altri in cui lasciano fare voltandosi dall'altra parte. Perche'? Ognuno puo' trovare da se' la risposta. Il fatto pero' resta. Incontrovertibile. In Ruanda,all'inizio degli anni '90, un milione di Tutsi e' stato letteralmente massacrato dai rivali Hutu senza che la comunita' internazionale facesse nulla, se non lasciare a poche forze dell'Onu il compito di un'interdizione di scarsa efficacia. Questa co-produzione anglo/italo/sudafricana (tra gli interpreti il nostro Citran, Nick Nolte e un non accreditato Jean Reno) ce lo ricorda con le forme proprie del cinema spettacolare. Non si fa polemica in "Hotel Rwanda" ma si parla alla coscienza degli spettatori grazie alle vicende di uno 'Schindler' africano. Paul Rusebagina, un africano direttore di un Hotel della catena Sabena, riusci' a salvare piu' di 1200 persone grazie al coraggio personale e a un altruismo che gli impediva di veder morire la gente senza far nulla. Il film non edulcora la situazione ne' fa del protagonista un santo. Ci racconta, molto semplicemente, una storia che la nostra coscienza e i nostri media hanno cancellato probabilmente perche' "non interessante". Gia' questo dovrebbe fornirci materia di riflessione sulla cosiddetta "informazione".
LA STORIA NARRA DI UN POPOLO PRIVILEGIATI,I TUTSI,CHE FU PRESCELTO DAI COLONIALISTI TEDESCHI PRIMA,E BELGIO POI,COME DEPOSITARIO DEL POTERE;E DI UNA "RAZZA INFERIORE"GLI UTU.NEL 1959 CON UNA RIVOLTA DEGLI UTU LA SITUAZIONE VIENE RIBALTATA E I TUTSI VENGONO PERSEGUITATI E UCCISI,IL DIRETTORE DELL'HOTEL RWANDA OSPITA E AIUTA I TUTSI E LA SUA FAMIGLIA ANCHE SE LUI E UTU.....E BELLISSIMO NN TI DICO IL FINALE PERCHè NN CE SFIZIO....BUONA VISIONE...=)