Questa poesia fa parte del libro Alcyone, che è il terzo dei sette libri delle Laudi del cielo, del mare e degli eroi.
La sera fiesolana è ambientata nella campagna di Fiesole, che presenta un tipico paesaggio collinare toscano, attraversato dall’Arno.
La poesia è divisa in tre strofe, seguite da una ripresa di tre versi, sotto forma di lodi.
In essa si racconta di una sera di fine primavera, nella campagna, dove è appena finito di piovere.
Nella prima strofa viene descritto tutto il paesaggio che circonda l’autore, nel momento in cui il sole sta calando ed inizia la sera. Di fronte al poeta si trova un contadino che sta raccogliendo le foglie di gelso, e nonostante sia sera continua lentamente il suo lavoro; la luna che sta sbucando dall’orizzonte, causa un cambiamento di colori sia sugli oggetti (la scala s’annera) sia sul paesaggio (il fusto s’inargenta).
Nella seconda strofa, invece, la protagonista è la pioggia, che è caduta prima che scendesse la sera. Il poeta si sofferma molto su tutti i particolari della campagna: dagli alberi che giocano con il vento, al grano non ancora maturo, al fieno già mietuto, alle colline sorridenti.
Nella terza strofa, infine, si parla del fiume, degli alberi immersi nel silenzio dei monti e delle colline che s’incurvano per racchiudere un segreto.
Infine, nelle lodi, si parla della sera, che viene personificata nelle sembianze di una donna. Questi versetti, inoltre, riprendono il Cantico di Frate Sole di san Francesco d’Assisi.
ANALIZZARE ED INTERPRETARE
Nel primo e nel diciottesimo verso sono presenti due sinestesie: fresche le mie parole (tatto-udito) e dolci le mie parole (gusto-udito).
D’Annunzio si serve delle parole per descrivere la natura che lo circonda e per testimoniare che lui ne fa parte.
Nella terza strofa, invece, utilizza le parole ti dirò, parlami, in una forma un po’ misteriosa come per voler dire e non dire qualcosa.
Questo testo è indirizzato e Eleonora Duse che gli è accanto a Settignano, dove è stata scritta la poesia. Secondo me si capisce che è indirizzata alla sua donna perché nella lirica più volte compare ti sien che fanno intendere che lui si rivolge alla sua amata.
Le laudi di tre versi che si alternano alle tre strofe, riprendono il Cantico di Frate Sole di Francesco d’Assisi che iniziava con laudato sii…, ma non in modo sacro ma assolutamente profano. Al contrario della spiritualità francescana si contrappone una personificazione della sera con sembianze femminili. Essa infatti è presentata come una donna che ha il viso perlaceo, le vesti profumate e che odora di fieno.
D’Annunzio prende da Nietzsche il mito del superuomo e quindi egli rivendica una identità superiore agli altri uomini. In questa poesia, invece, il “superuomo”, entra in contatto con la natura ed è capace di ascoltarne la voce, di immedesimarsi nel paesaggio e di scoprirne i suoi segreti; infatti non descrive il paesaggio ma lo esprime con un suo stato d’animo.
Nella poesia tutta la natura viene personificata, come per esempio la primavera che se ne va piangendo, i pini che giocano con il vento e le colline che si incurvano come delle labbra e racchiudono in se dei segreti. Questa tecnica è chiaramente simbolistica, dove si evidenzia il rapporto tra natura e uomo.
Nella sera fiesolana, d’Annunzio descrive la sua stagione preferita: l’estate, il periodo della pienezza vitale, il momento che favorisce la fusione tra uomo e natura circostante. Il tema dominante è il panismo, nome che deriva dal dio Pan, venerato dagli antichi greci, come dio delle foreste e della vita dei campi. Infatti, l’autore, si identifica e si fonde con la natura.
PARAFRASI
Le mie parole fresche nella sera ti fanno come il fruscio che fanno le foglie del gelso nella mano di chi le coglie in silenzio e ancora si attarda il lento lavoro sulla scuola alta che diventa nera contro il fusto color argento con i suoi rami spogli mentre la luna è prossima ad uscire dalle soglie azzurre e sembra che davanti a sé distenda un velo dove il nostro sogno giace e sembra che la campana senta già sommersa nel gelo notturno e beva da lei la pace sperata senza vederla.
Tu sia lodata per il tuo viso di perla, o sera, e per i tuoi grandi occhi umidi dove si tace l’acqua del cielo!
Le mie parole dolci nella sera ti sentono come la pioggia che faceva rumore tiepida e sfuggente, pianto lacrimoso della primavera, sui gelsi e sugli olmi e sulle viti e sui novelli pini con le dita rosa che giocano con l’aria che si perde, e sopra il grano che non è ancora verde, e sopra il fieno che già tagliato sta ingiallendo, e sopra gli olivi, sopra i fratelli olivi che fanno di pallida santità i clivi sorridenti.
Tu sia lodata per le tue vesti profumate, o sera, e per la cinta che ti cinge come il salice cinge il fieno che profuma!
Io ti dirò verso quali reami d’amore ci chiama il fiume, le cui fonti eterne all’ombra degli antichi rami parlano del mistero sacro dei monti, e ti dirò per quale mistero le colline sugli orizzonti limpidi s’incurvano come labbra che chiudono un divieto, e perché la volontà di dire, le faccia belle oltre ogni desiderio umano e nel silenzio loro sono sempre consolatrici novelle, così che sembra che ogni sera l’anima le possa amare di un amore più forte.
Tu sia lodata per la tua morte pura, o sera, e per l’attesa che fa palpitare in te le prime stelle.
Le mie parole siano per te fresche come il fruscio che fanno le foglie del gelso nella mano di chi le sta raccogliendo silenziosamente,
e ancora indugia lentamente nel lavoro sull'alta scala che a poco a poco si scurisce appoggiata all'albero che diventa color argento con i suoi rami spogli,
mentre la luna è vicino all'orizzonte ancora azzurro e sembra che davanti a sé distenda un velo dove il nostro sogno d'amore giace (si rivolge all’amata).
E sembra che già la terra si senta sommersa da lei nel freddo notturno e da lei assorba lo sperato refrigerio senza vederlo (la rugiada). (notate le analogie,
le allitterazioni 'fanno – foglie – fresche – fruscio', l’uso dei colori 'la scala, il gelso'
e la personificazione della luna).
Che tu sia lodata per il tuo viso del colore della terra, o sera,
e per i tuoi grandi occhi umidi dove viene raccolta l'acqua del cielo.
Le mie parole ti siano dolci (si rivolge all’amata) nella sera come la pioggia che bruiva (un verbo di derivazione francese che significa frusciare, è collegato al fruscio delle foglie presente nella prima strofa) tiepida e fuggitiva (la pioggia fuggitiva è una citazione di un verso di Leopardi) congedo lacrimoso della primavera.
Ma sui gelsi, sugli olmi, sulle viti e sui pini, dai nuovi germogli rasati (rosei diti, è una personificazione) che giocano con l'aria che svanisce, e sul grano che non è ancora biondeggiante (maturo) e non è più verde (germoglio) e sul fieno che è già stato falciato (patì la falce, è una personificazione, D'Annunzio vuol far capire che la natura soffre se l'uomo fa violenza contro di lei) e per questo cambia colore, e sugli olivi, sui fratelli olivi (quest'umanizzazione è un richiamo al cantico delle creature di San Francesco), che fanno le colline argentee e sorridenti con la loro sacralità.
Che tu sia lodata per le tue vesti profumate (la vegetazione), o sera, e per la cintura che ti cinge (la linea dell'orizzonte) come il ramo di salice cinge il fieno odoroso (in passato i rami di salice erano usati per legare le balle di fieno).
Io ti dirò verso quali reami d'amore il fiume Arno ci chiamò, le cui fonti eterne all'ombra degli alberi antichi parlano del sacro mistero dei monti e ti dirò a causa di quale segreto (questa segreto è l'amore) le colline si incurvano sugli orizzonti limpidi come labbra chiuse per un divieto (il divieto di dire il segreto) e perché la volontà di svelarlo le faccia belle oltre ogni desiderio umano, e nel silenzio loro, sempre nuove fonti di consolazione, così che sembri che ogni sera l'anima le possa amare di un amore sempre più forte.
Che tu sia lodata per il tuo naturale finire, o sera, per l’attesa (della notte) che in te fa a luccicare le prime stelle (quest'ultima strofa è un forte richiamo alla speranza, infatti nel panismo la morte non è la fine, semmai può essere un nuovo inizio poiché tutto può avere vita in un'altra forma).
Le mie parole fresche nella sera ti fanno come il fruscio che fanno le foglie del gelso nella mano di chi le coglie in silenzio e ancora si attarda il lento lavoro sulla scuola alta che diventa nera contro il fusto color argento con i suoi rami spogli mentre la luna è prossima ad uscire dalle soglie azzurre e sembra che davanti a sé distenda un velo dove il nostro sogno giace e sembra che la campana senta già sommersa nel gelo notturno e beva da lei la pace sperata senza vederla.
Tu sia lodata per il tuo viso di perla, o sera, e per i tuoi grandi occhi umidi dove si tace l’acqua del cielo!
Le mie parole dolci nella sera ti sentono come la pioggia che faceva rumore tiepida e sfuggente, pianto lacrimoso della primavera, sui gelsi e sugli olmi e sulle viti e sui novelli pini con le dita rosa che giocano con l’aria che si perde, e sopra il grano che non è ancora verde, e sopra il fieno che già tagliato sta ingiallendo, e sopra gli olivi, sopra i fratelli olivi che fanno di pallida santità i clivi sorridenti.
Tu sia lodata per le tue vesti profumate, o sera, e per la cinta che ti cinge come il salice cinge il fieno che profuma!
Io ti dirò verso quali reami d’amore ci chiama il fiume, le cui fonti eterne all’ombra degli antichi rami parlano del mistero sacro dei monti, e ti dirò per quale mistero le colline sugli orizzonti limpidi s’incurvano come labbra che chiudono un divieto, e perché la volontà di dire, le faccia belle oltre ogni desiderio umano e nel silenzio loro sono sempre consolatrici novelle, così che sembra che ogni sera l’anima le possa amare di un amore più forte.
Tu sia lodata per la tua morte pura, o sera, e per l’attesa che fa palpitare in te le prime stelle.
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ti faccio anke lanalisi non si sa mai :)
COMPRENDERE
Questa poesia fa parte del libro Alcyone, che è il terzo dei sette libri delle Laudi del cielo, del mare e degli eroi.
La sera fiesolana è ambientata nella campagna di Fiesole, che presenta un tipico paesaggio collinare toscano, attraversato dall’Arno.
La poesia è divisa in tre strofe, seguite da una ripresa di tre versi, sotto forma di lodi.
In essa si racconta di una sera di fine primavera, nella campagna, dove è appena finito di piovere.
Nella prima strofa viene descritto tutto il paesaggio che circonda l’autore, nel momento in cui il sole sta calando ed inizia la sera. Di fronte al poeta si trova un contadino che sta raccogliendo le foglie di gelso, e nonostante sia sera continua lentamente il suo lavoro; la luna che sta sbucando dall’orizzonte, causa un cambiamento di colori sia sugli oggetti (la scala s’annera) sia sul paesaggio (il fusto s’inargenta).
Nella seconda strofa, invece, la protagonista è la pioggia, che è caduta prima che scendesse la sera. Il poeta si sofferma molto su tutti i particolari della campagna: dagli alberi che giocano con il vento, al grano non ancora maturo, al fieno già mietuto, alle colline sorridenti.
Nella terza strofa, infine, si parla del fiume, degli alberi immersi nel silenzio dei monti e delle colline che s’incurvano per racchiudere un segreto.
Infine, nelle lodi, si parla della sera, che viene personificata nelle sembianze di una donna. Questi versetti, inoltre, riprendono il Cantico di Frate Sole di san Francesco d’Assisi.
ANALIZZARE ED INTERPRETARE
Nel primo e nel diciottesimo verso sono presenti due sinestesie: fresche le mie parole (tatto-udito) e dolci le mie parole (gusto-udito).
D’Annunzio si serve delle parole per descrivere la natura che lo circonda e per testimoniare che lui ne fa parte.
Nella terza strofa, invece, utilizza le parole ti dirò, parlami, in una forma un po’ misteriosa come per voler dire e non dire qualcosa.
Questo testo è indirizzato e Eleonora Duse che gli è accanto a Settignano, dove è stata scritta la poesia. Secondo me si capisce che è indirizzata alla sua donna perché nella lirica più volte compare ti sien che fanno intendere che lui si rivolge alla sua amata.
Le laudi di tre versi che si alternano alle tre strofe, riprendono il Cantico di Frate Sole di Francesco d’Assisi che iniziava con laudato sii…, ma non in modo sacro ma assolutamente profano. Al contrario della spiritualità francescana si contrappone una personificazione della sera con sembianze femminili. Essa infatti è presentata come una donna che ha il viso perlaceo, le vesti profumate e che odora di fieno.
D’Annunzio prende da Nietzsche il mito del superuomo e quindi egli rivendica una identità superiore agli altri uomini. In questa poesia, invece, il “superuomo”, entra in contatto con la natura ed è capace di ascoltarne la voce, di immedesimarsi nel paesaggio e di scoprirne i suoi segreti; infatti non descrive il paesaggio ma lo esprime con un suo stato d’animo.
Nella poesia tutta la natura viene personificata, come per esempio la primavera che se ne va piangendo, i pini che giocano con il vento e le colline che si incurvano come delle labbra e racchiudono in se dei segreti. Questa tecnica è chiaramente simbolistica, dove si evidenzia il rapporto tra natura e uomo.
Nella sera fiesolana, d’Annunzio descrive la sua stagione preferita: l’estate, il periodo della pienezza vitale, il momento che favorisce la fusione tra uomo e natura circostante. Il tema dominante è il panismo, nome che deriva dal dio Pan, venerato dagli antichi greci, come dio delle foreste e della vita dei campi. Infatti, l’autore, si identifica e si fonde con la natura.
PARAFRASI
Le mie parole fresche nella sera ti fanno come il fruscio che fanno le foglie del gelso nella mano di chi le coglie in silenzio e ancora si attarda il lento lavoro sulla scuola alta che diventa nera contro il fusto color argento con i suoi rami spogli mentre la luna è prossima ad uscire dalle soglie azzurre e sembra che davanti a sé distenda un velo dove il nostro sogno giace e sembra che la campana senta già sommersa nel gelo notturno e beva da lei la pace sperata senza vederla.
Tu sia lodata per il tuo viso di perla, o sera, e per i tuoi grandi occhi umidi dove si tace l’acqua del cielo!
Le mie parole dolci nella sera ti sentono come la pioggia che faceva rumore tiepida e sfuggente, pianto lacrimoso della primavera, sui gelsi e sugli olmi e sulle viti e sui novelli pini con le dita rosa che giocano con l’aria che si perde, e sopra il grano che non è ancora verde, e sopra il fieno che già tagliato sta ingiallendo, e sopra gli olivi, sopra i fratelli olivi che fanno di pallida santità i clivi sorridenti.
Tu sia lodata per le tue vesti profumate, o sera, e per la cinta che ti cinge come il salice cinge il fieno che profuma!
Io ti dirò verso quali reami d’amore ci chiama il fiume, le cui fonti eterne all’ombra degli antichi rami parlano del mistero sacro dei monti, e ti dirò per quale mistero le colline sugli orizzonti limpidi s’incurvano come labbra che chiudono un divieto, e perché la volontà di dire, le faccia belle oltre ogni desiderio umano e nel silenzio loro sono sempre consolatrici novelle, così che sembra che ogni sera l’anima le possa amare di un amore più forte.
Tu sia lodata per la tua morte pura, o sera, e per l’attesa che fa palpitare in te le prime stelle.
Le mie parole siano per te fresche come il fruscio che fanno le foglie del gelso nella mano di chi le sta raccogliendo silenziosamente,
e ancora indugia lentamente nel lavoro sull'alta scala che a poco a poco si scurisce appoggiata all'albero che diventa color argento con i suoi rami spogli,
mentre la luna è vicino all'orizzonte ancora azzurro e sembra che davanti a sé distenda un velo dove il nostro sogno d'amore giace (si rivolge all’amata).
E sembra che già la terra si senta sommersa da lei nel freddo notturno e da lei assorba lo sperato refrigerio senza vederlo (la rugiada). (notate le analogie,
le allitterazioni 'fanno – foglie – fresche – fruscio', l’uso dei colori 'la scala, il gelso'
e la personificazione della luna).
Che tu sia lodata per il tuo viso del colore della terra, o sera,
e per i tuoi grandi occhi umidi dove viene raccolta l'acqua del cielo.
Le mie parole ti siano dolci (si rivolge all’amata) nella sera come la pioggia che bruiva (un verbo di derivazione francese che significa frusciare, è collegato al fruscio delle foglie presente nella prima strofa) tiepida e fuggitiva (la pioggia fuggitiva è una citazione di un verso di Leopardi) congedo lacrimoso della primavera.
Ma sui gelsi, sugli olmi, sulle viti e sui pini, dai nuovi germogli rasati (rosei diti, è una personificazione) che giocano con l'aria che svanisce, e sul grano che non è ancora biondeggiante (maturo) e non è più verde (germoglio) e sul fieno che è già stato falciato (patì la falce, è una personificazione, D'Annunzio vuol far capire che la natura soffre se l'uomo fa violenza contro di lei) e per questo cambia colore, e sugli olivi, sui fratelli olivi (quest'umanizzazione è un richiamo al cantico delle creature di San Francesco), che fanno le colline argentee e sorridenti con la loro sacralità.
Che tu sia lodata per le tue vesti profumate (la vegetazione), o sera, e per la cintura che ti cinge (la linea dell'orizzonte) come il ramo di salice cinge il fieno odoroso (in passato i rami di salice erano usati per legare le balle di fieno).
Io ti dirò verso quali reami d'amore il fiume Arno ci chiamò, le cui fonti eterne all'ombra degli alberi antichi parlano del sacro mistero dei monti e ti dirò a causa di quale segreto (questa segreto è l'amore) le colline si incurvano sugli orizzonti limpidi come labbra chiuse per un divieto (il divieto di dire il segreto) e perché la volontà di svelarlo le faccia belle oltre ogni desiderio umano, e nel silenzio loro, sempre nuove fonti di consolazione, così che sembri che ogni sera l'anima le possa amare di un amore sempre più forte.
Che tu sia lodata per il tuo naturale finire, o sera, per l’attesa (della notte) che in te fa a luccicare le prime stelle (quest'ultima strofa è un forte richiamo alla speranza, infatti nel panismo la morte non è la fine, semmai può essere un nuovo inizio poiché tutto può avere vita in un'altra forma).
cerca sul web la troverai...io le parafrasi le faccio tutte da internet e anke l analisi del testo
vai su http://www.rodoni.ch/busoni/gargiulo/gargiulo1.htm...
Le mie parole fresche nella sera ti fanno come il fruscio che fanno le foglie del gelso nella mano di chi le coglie in silenzio e ancora si attarda il lento lavoro sulla scuola alta che diventa nera contro il fusto color argento con i suoi rami spogli mentre la luna è prossima ad uscire dalle soglie azzurre e sembra che davanti a sé distenda un velo dove il nostro sogno giace e sembra che la campana senta già sommersa nel gelo notturno e beva da lei la pace sperata senza vederla.
Tu sia lodata per il tuo viso di perla, o sera, e per i tuoi grandi occhi umidi dove si tace l’acqua del cielo!
Le mie parole dolci nella sera ti sentono come la pioggia che faceva rumore tiepida e sfuggente, pianto lacrimoso della primavera, sui gelsi e sugli olmi e sulle viti e sui novelli pini con le dita rosa che giocano con l’aria che si perde, e sopra il grano che non è ancora verde, e sopra il fieno che già tagliato sta ingiallendo, e sopra gli olivi, sopra i fratelli olivi che fanno di pallida santità i clivi sorridenti.
Tu sia lodata per le tue vesti profumate, o sera, e per la cinta che ti cinge come il salice cinge il fieno che profuma!
Io ti dirò verso quali reami d’amore ci chiama il fiume, le cui fonti eterne all’ombra degli antichi rami parlano del mistero sacro dei monti, e ti dirò per quale mistero le colline sugli orizzonti limpidi s’incurvano come labbra che chiudono un divieto, e perché la volontà di dire, le faccia belle oltre ogni desiderio umano e nel silenzio loro sono sempre consolatrici novelle, così che sembra che ogni sera l’anima le possa amare di un amore più forte.
Tu sia lodata per la tua morte pura, o sera, e per l’attesa che fa palpitare in te le prime stelle.