L’età giolittiana coincise con uno straordinario sviluppo della società civile: l’Italia era il Paese che stava rapidamente camminando sulla via della grande industrializzazione meccanica, con un movimento sindacale imponente, nella città, piccole e grandi che fossero, avevano fatto la loro comparsa le camere del lavoro, le sedi dei partiti, le casse rurali, le piccole banche che fornivano il credito alla piccola industria e alla piccola proprietà, le casse del risparmio, insomma la fisionomia del nostro paese stava rapidamente cambiando.
L’interprete della svolta liberale fu Giovanni Giolitti che saliva alla presidenza del consiglio il 3 novembre del 1903 e dominò la scena politica italiana fino alla 1^ guerra mondiale. Mirò ad unire sviluppo economico e libertà politica e a integrare la classe operaia nell’istituzione dello stato liberale. Promosse un accordo con i rappresentanti sindacali del movimento operaio e in questo fu appoggiato dal partito socialista, e così salì al Governo insieme a Zanardelli.
Ciò provocò il rafforzamento dei movimenti sindacali aumentarono gli scioperi e ebbero anche risultati favorevoli. Infatti l’Italia conobbe il primo grande sciopero generale. Questo sciopero preoccupò la borghesia e i moderati, che premettero su Giolitti per una prova di forza contro i lavoratori in sciopero. Ma Giolitti resistette alle pressioni, per risolvere questa crisi sciolse la camera e indusse nuove elezioni con uno slogan <<ne rivoluzione, ne reazione>>. I risultati della consultazione elettorale, svoltasi il 6 e il 13 novembre 1904, diedero ragione a Giolitti, infatti l’estrema sinistra formata da socialisti, repubblicani e radicali, scese da 107 seggi a 94. Per la prima volta i cattolici parteciparono alle elezioni politiche. La sua strategia comportava anche riforme sociali ed economiche infatti si tutelava il lavoro di donne e bambini,il riposo settimanale obbligatorio. Inoltre affidò il controllo delle ferrovie furono affidate al controllo dello stato e divenne obbligatoria l’istituzione elementare. Venne costituito il Commissariato per l’emigrazione. Ci fu la nazionalizzazione dell’assicurazione sulla vita assegnata allo stato attraverso l’ente INA. Nonostante tutto ciò il riformismo giolittiano non realizzò tutte le sue attese. Ci furono leggi speciali attraverso le quali vennero attuati i provvedimenti di Giolitti a favore del Mezzogiorno ma tali leggi aumentarono la corruzione. La questione meridionale peggiorò , poiché il progetto di Giolitti si fondava su un accordo fra industriali e operai del nord escludendo i ceti del sud. Il dominio politico di Giolitti si fondò su un compromesso tra forze e interessi e non sull’ampliamento dello stato per questo Giolitti fu accusato di neotrasformismo tra gli oppositori.
Fallì anche il progetto di Giolitti di rafforzare il governo con un accordo tra i socialisti. Filippo Turati riteneva che si doveva aggiungere con una nascita della borghesia industriale, alla nascita di una società di tipo socialista ma ciò fu contrastato dalla parte rivoluzionaria del suo partito. Turati rifiutò i salire al governo appoggiato Giolitti e volle intrattenere con lui solo un appoggio caso per caso. Questo appoggio finì con il modesto risultato delle riforme. Nel 1904 ci fu in congresso di Bologna, i riformisti passarono alla minoranza e fu programmato il 1^sciopero generale nazionale. Questo sciopero paralizzò tutto il paese ma fu affrontato con calma da Giolitti. Esso segnò la fine del sindacalismo rivoluzionario. Giolitti non poté stabilire più un accordo con il partito socialista e quindi puntò ai cattolici. Con la pubblicazione del enciclica di Leone XIII, l’estraneità dei cattolici alla vita politica si attenuò. Intanto il movimento cattolico si estese in tutto il paese, soprattutto nelle campagne con la nascita di casse rurali e leghe di banche. Esistevano all’interno del movimento diverse sentenze, la prima era quelli degli intransigenti (rifiuto dello stato liberale e di ogni modernità). Questa posizione fu prevalente nell’opera dei congressi un organizzazione nata per coordinare le attività dei cattolici, nelle scuole, nelle opere pie e nella società di mutuo soccorso. Una seconda tendenza era quella moderata che faceva capo a Filippo Meda, quest’ultimo era favorevole all’inserimento dei cattolici nello stato liberale. Una terza posizione era quella della Democrazia Cristiana movimento fondato dal sacerdote Romolo Murri. In questo programma si chiedevano l’introduzione della proporzionale nelle elezioni, il referendum ed il diritto di iniziativa popolare, un largo decentramento amministrativo, un efficace legislazione sociale, la riforma tributaria basata sulla giustizia, la tutela della libertà di stampa, di associazione, di riunione, l’allargamento del suffragio elettorale, il disarmo generale. Il sacerdote riteneva che per affermare il ruolo del Cristianesimo nella chiese della nuova società industriale fosse necessario creare un partito cattolico d
Egli comprese che l’unico modo per fermare i socialisti e per placare il malcontento popolare era di permettere ai lavoratori di conquistarsi migliori condizioni di lavoro e di vita. Non represse quindi gli scioperi e favorì l’organizzazione di associazioni di lavoratori, allargò il suffragio e creò anche enti governativi in favore dei lavoratori e degli emigranti.
Giolitti promosse numerose riforme in campo sociale, riconoscendo sostanzialmente la validità degli scioperi per motivi economici, garantendo la libertà di lavoro, tutelando il lavoro delle donne e dei fanciulli con appositi provvedimenti di legge con l’istituzione degli uffici del lavoro.
Durante l’epoca giolittiana, l’Italia cominciò a progredire molto rapidamente, preparando il proprio avvenire di paese moderno. La rete ferroviaria, che nel 1970 misurava soltanto 6000 km, ne contava 18000 nel 1914; i trafori alpini, lo sviluppo dell’idroelettricità, le grandi opere di bonifica e d’irrigazione consentirono un notevole incremento della produzione in tutti i settori. Ebbe inizio l’esportazione del cotone; a Torino con la FIAT sorse l’industria automobilistica, la produzione del grano e dei vini raddoppiò. Ma questo era ancora insufficiente per far sì che il tenore di vita migliorasse rapidamente tanto più che dal 1870 al 1914 la popolazione era passata da 26 milioni a 36,5 milioni di abitanti. Inoltre, era esploso con violenza il problema del Mezzogiorno, depresso ed impoverito, abbandonato ai latifondisti in preda al fenomeno del clientelismo, il cui squilibrio nei confronti del nord si aggravava di continuo.
In politica estera Giolitti si staccò dalla Germania e cercò di riavvicinarsi alla Francia. Nonostante l’opposizione di parte dell’opinione pubblica, Giolitti volle una ripresa della politica coloniale allo scopo di includere l’Italia tra le Nazioni che possedevano colonie sulle coste dell’Africa settentrionale. Gli Italiani intervennero così in Tripolitania e Cirenaica, regioni che furono strappate alla Turchia e che ricostruirono la colonia italiana di Libia. Il teatro della guerra si allargò sino all’Egeo e l’Italia riuscì a conquistare Rodi e le isole del Dodecaneso .
Frattanto, all’interno del paese, mentre Giolitti non esitava a ricorrere ai brogli elettorali e alla corruzione per mantenere il potere, si verificava un avvenimento importantissimo per il paese: i cattolici tornavano a partecipare alla vita politica.
Pio X si decise a permettere questo passo in quanto la crescita dell’elettorato dovuta all’estensione del suffragio realizzata nel 1912, lasciava prevedere un grande rafforzamento dei socialisti. Il patto Gentiloni garantì l’appoggio cattolico a quei candidati liberali che avessero accettato di sostenere alcune rivendicazioni dei cattolici. Di fronte a questo schieramento conservatore nel Partito Socialista cominciarono a prevalere le tendenze rivoluzionarie e nel paese tornarono ad accendersi i contrasti sociali.
Falliva così la politica sociale di Giolitti che nel 1914 lasciava il governo al conservatore Antonio Salandra.
Riassunto sull'età giolittiana e il periodo ad essa collegata
L'età giolittiana, cioè il periodo dominato politicamente dalla figura di Giovanni Giolitti, che iniziò col 1901 e finì col 1914
E' questo il periodo in cui nacquero le prime cospicue concentrazioni industriali, socialisti e cattolici andavano organizzando ampie masse di popolo, si concesse il suffragio universale maschile (1913).
Giolitti fu deputato dal 1882 e Presidente del Consiglio per la prima volta nel 1892-1893. Esperto conoscitore dell'apparato burocratico e amministrativo dello stato, pronto ad utilizzare per i suoi fini politici i prefetti nelle consultazioni elettorali, abile tessitore di maggioranze parlamentari secondo i metodi del trasformismo, lo statista piemontese dominò la vita politica italiana per un quindicennio. Suo obiettivo principale fu quello di allargare le basi del consenso allo stato liberale dal quale erano fino allora rimasti esclusi socialisti e cattolici, per garantire lo sviluppo economico del paese.
Crispi si dimette. Seguì il ministero Di Rudinì; .Aveva così inizio l'età Giolittiana. Essa nacque dal bisogno di liquidare in modo radicale, la pesante eredità degli anni precedenti, della crisi di fine secolo, dominata dalla infelice guerra d'Africa, dalla cattiva situazione economica e dalle agitazioni popolari.
La strategia giolittiana trovava il suo più valido fondamento nella fase espansiva dell'economia italiana che in quegli anni realizzò il decollo industriale.
Answers & Comments
Verified answer
L’età giolittiana coincise con uno straordinario sviluppo della società civile: l’Italia era il Paese che stava rapidamente camminando sulla via della grande industrializzazione meccanica, con un movimento sindacale imponente, nella città, piccole e grandi che fossero, avevano fatto la loro comparsa le camere del lavoro, le sedi dei partiti, le casse rurali, le piccole banche che fornivano il credito alla piccola industria e alla piccola proprietà, le casse del risparmio, insomma la fisionomia del nostro paese stava rapidamente cambiando.
L’interprete della svolta liberale fu Giovanni Giolitti che saliva alla presidenza del consiglio il 3 novembre del 1903 e dominò la scena politica italiana fino alla 1^ guerra mondiale. Mirò ad unire sviluppo economico e libertà politica e a integrare la classe operaia nell’istituzione dello stato liberale. Promosse un accordo con i rappresentanti sindacali del movimento operaio e in questo fu appoggiato dal partito socialista, e così salì al Governo insieme a Zanardelli.
Ciò provocò il rafforzamento dei movimenti sindacali aumentarono gli scioperi e ebbero anche risultati favorevoli. Infatti l’Italia conobbe il primo grande sciopero generale. Questo sciopero preoccupò la borghesia e i moderati, che premettero su Giolitti per una prova di forza contro i lavoratori in sciopero. Ma Giolitti resistette alle pressioni, per risolvere questa crisi sciolse la camera e indusse nuove elezioni con uno slogan <<ne rivoluzione, ne reazione>>. I risultati della consultazione elettorale, svoltasi il 6 e il 13 novembre 1904, diedero ragione a Giolitti, infatti l’estrema sinistra formata da socialisti, repubblicani e radicali, scese da 107 seggi a 94. Per la prima volta i cattolici parteciparono alle elezioni politiche. La sua strategia comportava anche riforme sociali ed economiche infatti si tutelava il lavoro di donne e bambini,il riposo settimanale obbligatorio. Inoltre affidò il controllo delle ferrovie furono affidate al controllo dello stato e divenne obbligatoria l’istituzione elementare. Venne costituito il Commissariato per l’emigrazione. Ci fu la nazionalizzazione dell’assicurazione sulla vita assegnata allo stato attraverso l’ente INA. Nonostante tutto ciò il riformismo giolittiano non realizzò tutte le sue attese. Ci furono leggi speciali attraverso le quali vennero attuati i provvedimenti di Giolitti a favore del Mezzogiorno ma tali leggi aumentarono la corruzione. La questione meridionale peggiorò , poiché il progetto di Giolitti si fondava su un accordo fra industriali e operai del nord escludendo i ceti del sud. Il dominio politico di Giolitti si fondò su un compromesso tra forze e interessi e non sull’ampliamento dello stato per questo Giolitti fu accusato di neotrasformismo tra gli oppositori.
Fallì anche il progetto di Giolitti di rafforzare il governo con un accordo tra i socialisti. Filippo Turati riteneva che si doveva aggiungere con una nascita della borghesia industriale, alla nascita di una società di tipo socialista ma ciò fu contrastato dalla parte rivoluzionaria del suo partito. Turati rifiutò i salire al governo appoggiato Giolitti e volle intrattenere con lui solo un appoggio caso per caso. Questo appoggio finì con il modesto risultato delle riforme. Nel 1904 ci fu in congresso di Bologna, i riformisti passarono alla minoranza e fu programmato il 1^sciopero generale nazionale. Questo sciopero paralizzò tutto il paese ma fu affrontato con calma da Giolitti. Esso segnò la fine del sindacalismo rivoluzionario. Giolitti non poté stabilire più un accordo con il partito socialista e quindi puntò ai cattolici. Con la pubblicazione del enciclica di Leone XIII, l’estraneità dei cattolici alla vita politica si attenuò. Intanto il movimento cattolico si estese in tutto il paese, soprattutto nelle campagne con la nascita di casse rurali e leghe di banche. Esistevano all’interno del movimento diverse sentenze, la prima era quelli degli intransigenti (rifiuto dello stato liberale e di ogni modernità). Questa posizione fu prevalente nell’opera dei congressi un organizzazione nata per coordinare le attività dei cattolici, nelle scuole, nelle opere pie e nella società di mutuo soccorso. Una seconda tendenza era quella moderata che faceva capo a Filippo Meda, quest’ultimo era favorevole all’inserimento dei cattolici nello stato liberale. Una terza posizione era quella della Democrazia Cristiana movimento fondato dal sacerdote Romolo Murri. In questo programma si chiedevano l’introduzione della proporzionale nelle elezioni, il referendum ed il diritto di iniziativa popolare, un largo decentramento amministrativo, un efficace legislazione sociale, la riforma tributaria basata sulla giustizia, la tutela della libertà di stampa, di associazione, di riunione, l’allargamento del suffragio elettorale, il disarmo generale. Il sacerdote riteneva che per affermare il ruolo del Cristianesimo nella chiese della nuova società industriale fosse necessario creare un partito cattolico d
Avevo risposto ma non l'ha caricata la risposta..
ecco un bel link dove fare copia e incolla :
http://id34104.securedata.net/italia-rsi/zzz/900/i...
ciao..
Egli comprese che l’unico modo per fermare i socialisti e per placare il malcontento popolare era di permettere ai lavoratori di conquistarsi migliori condizioni di lavoro e di vita. Non represse quindi gli scioperi e favorì l’organizzazione di associazioni di lavoratori, allargò il suffragio e creò anche enti governativi in favore dei lavoratori e degli emigranti.
Giolitti promosse numerose riforme in campo sociale, riconoscendo sostanzialmente la validità degli scioperi per motivi economici, garantendo la libertà di lavoro, tutelando il lavoro delle donne e dei fanciulli con appositi provvedimenti di legge con l’istituzione degli uffici del lavoro.
Durante l’epoca giolittiana, l’Italia cominciò a progredire molto rapidamente, preparando il proprio avvenire di paese moderno. La rete ferroviaria, che nel 1970 misurava soltanto 6000 km, ne contava 18000 nel 1914; i trafori alpini, lo sviluppo dell’idroelettricità, le grandi opere di bonifica e d’irrigazione consentirono un notevole incremento della produzione in tutti i settori. Ebbe inizio l’esportazione del cotone; a Torino con la FIAT sorse l’industria automobilistica, la produzione del grano e dei vini raddoppiò. Ma questo era ancora insufficiente per far sì che il tenore di vita migliorasse rapidamente tanto più che dal 1870 al 1914 la popolazione era passata da 26 milioni a 36,5 milioni di abitanti. Inoltre, era esploso con violenza il problema del Mezzogiorno, depresso ed impoverito, abbandonato ai latifondisti in preda al fenomeno del clientelismo, il cui squilibrio nei confronti del nord si aggravava di continuo.
In politica estera Giolitti si staccò dalla Germania e cercò di riavvicinarsi alla Francia. Nonostante l’opposizione di parte dell’opinione pubblica, Giolitti volle una ripresa della politica coloniale allo scopo di includere l’Italia tra le Nazioni che possedevano colonie sulle coste dell’Africa settentrionale. Gli Italiani intervennero così in Tripolitania e Cirenaica, regioni che furono strappate alla Turchia e che ricostruirono la colonia italiana di Libia. Il teatro della guerra si allargò sino all’Egeo e l’Italia riuscì a conquistare Rodi e le isole del Dodecaneso .
Frattanto, all’interno del paese, mentre Giolitti non esitava a ricorrere ai brogli elettorali e alla corruzione per mantenere il potere, si verificava un avvenimento importantissimo per il paese: i cattolici tornavano a partecipare alla vita politica.
Pio X si decise a permettere questo passo in quanto la crescita dell’elettorato dovuta all’estensione del suffragio realizzata nel 1912, lasciava prevedere un grande rafforzamento dei socialisti. Il patto Gentiloni garantì l’appoggio cattolico a quei candidati liberali che avessero accettato di sostenere alcune rivendicazioni dei cattolici. Di fronte a questo schieramento conservatore nel Partito Socialista cominciarono a prevalere le tendenze rivoluzionarie e nel paese tornarono ad accendersi i contrasti sociali.
Falliva così la politica sociale di Giolitti che nel 1914 lasciava il governo al conservatore Antonio Salandra.
Riassunto sull'età giolittiana e il periodo ad essa collegata
L'età giolittiana, cioè il periodo dominato politicamente dalla figura di Giovanni Giolitti, che iniziò col 1901 e finì col 1914
E' questo il periodo in cui nacquero le prime cospicue concentrazioni industriali, socialisti e cattolici andavano organizzando ampie masse di popolo, si concesse il suffragio universale maschile (1913).
Giolitti fu deputato dal 1882 e Presidente del Consiglio per la prima volta nel 1892-1893. Esperto conoscitore dell'apparato burocratico e amministrativo dello stato, pronto ad utilizzare per i suoi fini politici i prefetti nelle consultazioni elettorali, abile tessitore di maggioranze parlamentari secondo i metodi del trasformismo, lo statista piemontese dominò la vita politica italiana per un quindicennio. Suo obiettivo principale fu quello di allargare le basi del consenso allo stato liberale dal quale erano fino allora rimasti esclusi socialisti e cattolici, per garantire lo sviluppo economico del paese.
Crispi si dimette. Seguì il ministero Di Rudinì; .Aveva così inizio l'età Giolittiana. Essa nacque dal bisogno di liquidare in modo radicale, la pesante eredità degli anni precedenti, della crisi di fine secolo, dominata dalla infelice guerra d'Africa, dalla cattiva situazione economica e dalle agitazioni popolari.
La strategia giolittiana trovava il suo più valido fondamento nella fase espansiva dell'economia italiana che in quegli anni realizzò il decollo industriale.