Qui Dante inserisce una similitudine, vv.22-27, in cui paragona il pericolo scampato a quello del naufrago che, uscito dal pericolo, si volge al mare
da cui è riuscito a salvarsi: E come colui che con respiro affannoso (lena affannata), uscito dal mare (pelago) e arrivato alla riva, si gira verso l’acqua minacciosa e guarda (guata), così il mio animo, che ancora fuggiva, si girò indietro a guardare quel passo (lo passo = la selva), che non lasciò vivo nessuno (allegoricamente è da intendere che il peccato, rappresentato dalla selva, conduce alla dannazione colui che non sa liberarsene).
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Qui Dante inserisce una similitudine, vv.22-27, in cui paragona il pericolo scampato a quello del naufrago che, uscito dal pericolo, si volge al mare
da cui è riuscito a salvarsi: E come colui che con respiro affannoso (lena affannata), uscito dal mare (pelago) e arrivato alla riva, si gira verso l’acqua minacciosa e guarda (guata), così il mio animo, che ancora fuggiva, si girò indietro a guardare quel passo (lo passo = la selva), che non lasciò vivo nessuno (allegoricamente è da intendere che il peccato, rappresentato dalla selva, conduce alla dannazione colui che non sa liberarsene).