essenzialmente nel capitolo "il viaggio" si parla delle premesse della cattura dell’autore e della sua prigionia nel campo di concentramento di Fossoli. L’autore descrive la notte prima del trasferimento ad Auschwitz, ed il viaggio fino al campo di concentramento; le persone erano tutte stipate in un vagone, non ci si poteva muovere e lavare. Molte persone morirono durante il tragitto. Arrivati ad Auschwitz gli uomini furono separati dalle donne e dai bambini e, successivamente, dagli uomini che non potevano lavorare perché troppo vecchi, disabili o malati.
PRIMO CAPITOLO
Il primo capitolo narra l'antefatto dell'arresto e il periodo trascorso tra il gennaio e il febbraio nel campo di Fossoli, da cui parte il convoglio dei seicentocinquanta ebrei italiani diretti ad Auschwitz. All'arrivo avviene la selezione dei deportati destinati al lavoro, fra cui Levi. Un "Caronte" chiede loro se hanno denaro o orologi. Già in questo capitolo, "Il viaggio", Levi propone un' attenta analisi psicologica dei personaggi, che rivela la condizione di estremo disagio del Lager. In essa il motivo dominante è quello dell'infelicità, unita allo spirito di rassegnazione: "... Tutti scoprono, più o meno tardi nella loro vita, che la felicità perfetta non è realizzabile, ma pochi si soffermano invece sulla considerazione opposta: che tale è anche un'infelicità perfetta. I momenti che si oppongono alla realizzazione di entrambi i due stati-limite sono della stessa natura: conseguono dalla nostra condizione umana, che è nemica di ogni infinito. Vi si oppone la nostra sempre insufficiente conoscenza del futuro; e questo si chiama, in un caso, speranza, e nell'altro, incertezza del domani. Vi si oppone la sicurezza della morte, che impone un limite a ogni gioia, ma anche a ogni dolore. Vi si oppongono le inevitabili cure materiali, che, come inquinano ogni felicità duratura, così distolgono assiduamente la nostra attenzione dalla sventura che ci sovrasta, e ne rendono frammentaria, e perciò sostenibile, la consapevolezza. Sono stati proprio i disagi, le percosse, il freddo, la sete, che ci hanno tenuti a galla sul vuoto di una disperazione senza fondo, durante il viaggio e dopo. Non già la volontà di vivere, nè una cosciente rassegnazione: ché pochi sono gli uomini capaci di questo, e noi non eravamo che un comune campione di umanità."
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essenzialmente nel capitolo "il viaggio" si parla delle premesse della cattura dell’autore e della sua prigionia nel campo di concentramento di Fossoli. L’autore descrive la notte prima del trasferimento ad Auschwitz, ed il viaggio fino al campo di concentramento; le persone erano tutte stipate in un vagone, non ci si poteva muovere e lavare. Molte persone morirono durante il tragitto. Arrivati ad Auschwitz gli uomini furono separati dalle donne e dai bambini e, successivamente, dagli uomini che non potevano lavorare perché troppo vecchi, disabili o malati.
PRIMO CAPITOLO
Il primo capitolo narra l'antefatto dell'arresto e il periodo trascorso tra il gennaio e il febbraio nel campo di Fossoli, da cui parte il convoglio dei seicentocinquanta ebrei italiani diretti ad Auschwitz. All'arrivo avviene la selezione dei deportati destinati al lavoro, fra cui Levi. Un "Caronte" chiede loro se hanno denaro o orologi. Già in questo capitolo, "Il viaggio", Levi propone un' attenta analisi psicologica dei personaggi, che rivela la condizione di estremo disagio del Lager. In essa il motivo dominante è quello dell'infelicità, unita allo spirito di rassegnazione: "... Tutti scoprono, più o meno tardi nella loro vita, che la felicità perfetta non è realizzabile, ma pochi si soffermano invece sulla considerazione opposta: che tale è anche un'infelicità perfetta. I momenti che si oppongono alla realizzazione di entrambi i due stati-limite sono della stessa natura: conseguono dalla nostra condizione umana, che è nemica di ogni infinito. Vi si oppone la nostra sempre insufficiente conoscenza del futuro; e questo si chiama, in un caso, speranza, e nell'altro, incertezza del domani. Vi si oppone la sicurezza della morte, che impone un limite a ogni gioia, ma anche a ogni dolore. Vi si oppongono le inevitabili cure materiali, che, come inquinano ogni felicità duratura, così distolgono assiduamente la nostra attenzione dalla sventura che ci sovrasta, e ne rendono frammentaria, e perciò sostenibile, la consapevolezza. Sono stati proprio i disagi, le percosse, il freddo, la sete, che ci hanno tenuti a galla sul vuoto di una disperazione senza fondo, durante il viaggio e dopo. Non già la volontà di vivere, nè una cosciente rassegnazione: ché pochi sono gli uomini capaci di questo, e noi non eravamo che un comune campione di umanità."